Per questa ragione occorre fare una breve premessa sull’origine della metafora quale figura della retorica e da questa derivata.
Secondo le fonti di Tucidide e di Cicerone, la retorica venne ideata all’esito della cacciata del tiranno Trasìbulo di Siracusa nel 465 a.C.
Il mutamento della forma di stato portò alla costituzione di giurie popolari e alla conseguente necessità di adoperare una forma verbale di persuasione.
La retorica si formò quindi in ambito giuridico.
Secondo altre fonti, invece, la sua origine andrebbe rintracciata nelle orazioni politiche.
Che si prediliga l’una o l’altra tesi ha poca rilevanza, dato che entrambe servono solo a fissare una data convenzionale.
È probabile che la retorica fosse adoperata anche prima del 465 a.C., perché -come vedremo- discende direttamente dal ragionamento logico umano.
Per quanto ci può interessare, nei secoli successivi, la retorica perse gradualmente il valore conoscitivo iniziale e venne sostituita dalla scienza, diventando, sempre più, una semplice ricerca di perfezione letteraria.
Tornando ai nostri tempi, è affascinante e al tempo stesso esemplare che le definizioni della metafora ricalchino quella fornita da Aristotele già nel 334 a.C. nell’opera Poetica ossia “l’utilizzo di un termine di un contesto diverso: dal genere alla specie, dalla specie al genere, dalla specie alla specie o per analogia”.
Oggi infatti si parla di “sostituzione terminologica” ma con significato analogo.
Per comprendere meglio la struttura della metafora si può fare un esempio di logica: nella frase “Giacomo è il figlio di Luca” i due concetti “Giacomo” e “il figlio di Luca” coincidono, col risultato che c’è identificazione tra i due.
Tale identificazione va distinta nettamente dalla relazione semantica della similitudine, secondo la quale invece i concetti sono e restano separati.
Nella struttura della similitudine “Giacomo è come il figlio di Luca” e si afferra bene la distinzione tra le due persone “Giacomo” e “il figlio di Luca” .
Ecco un esempio di metafora:
“la vita è gioia”
in questo caso esplicito è facile capire il rapporto logico di identificazione tra i due concetti, entrambi astratti ma differenti tra loro: la vita e la gioia.
Ecco un altro esempio in forma più implicita:
“la vita si colora dei tuoi pensieri”
in questo caso il verbo “colorare” appartiene ad un contesto materiale diverso da quello astratto della vita.
Invece esaminando l’esempio classico “Achille è un leone”, si potrebbe ravvisare per errore una sorta di similitudine, ritenendo che sia impossibile identificare i due concetti perché troppo distanti tra loro.
Tuttavia la circostanza che la metafora sia inverosimile oppure poco evidente non influisce sulla struttura e sulla natura della stessa.
Nel delineare i contorni della figura, risulta evidente che la metafora vada distinta da ogni altra relazione inconsapevole e non voluta con la quale non si ponga in risalto la tipica identificazione tra concetti di aree semantiche diverse.
Per quanto riguarda la relazione, è facile intuire che più i concetti sono di aree semantiche simili e vicine più è facile che la metafora risulti azzeccata e trovi consenso.
Sulla questione, Bühler, che fu un esponente del cognitivismo del ‘900, affermò che la metafora è un vero e proprio fenomeno cognitivo, perché implica una combinazione di sfere di significato concettuale.
Il concetto venne approfondito con le successive teorie sugli “spazi mentali” e sulle “unità simboliche”.
In breve, dalla letteratura si è passati alla psicologia cognitiva con molteplici risultati in campo pubblicitario sia con la metafora classica sia con la metafora visiva.
Oggi la metafora viene adoperata abbondantemente per fini commerciali: per convincere l’ignaro spettatore della qualità di un prodotto in vendita.
Anzi, lo strumento di persuasione è tanto efficace quanto mirato.
Infatti, con la possibilità di conoscere e selezionare i gusti, le passioni e le attività dell’utilizzatore è anche possibile creare delle metafore più persuasive con relazioni tra concetti certamente noti.
Così si assiste, ad esempio, ad uno spot promozionale rivolto alle madri che associa la paura per i germi alla salute del proprio figlio e alla bravura della madre stessa.
Oppure ancora una pubblicità alimentare rivolta ai genitori che associa la voce di un noto cantante alla convivialità dei pasti e al buon rapporto familiare.
Tutte queste relazioni sono chiari imput che hanno il solo scopo di far associare determinati schemi di pensiero con il prodotto commerciale inizialmente sconosciuto, poi reso più familiare.
Ecco che la metafora è ancora una figura della retorica ed è finalizzata a persuadere.
In ambito letterario viene adoperata per divertire, in ambito commerciale per convincere.
«Ma cos’è la vita senza quel vento caldo?! Quel vento che gonfia le vele del cuore e che viene chiamato amore» Umberto F. M. Cefalà - dedicata a Irene - LE MIE METAFORE
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